Emiddio Bianchi. Piedimonte Matese. Forse nessuno pensava che quello che era stato stabilito durante il governo Renzi, dieci anni fa, venisse realmente messo in pratica dalla recente normativa che stabilisce che devono essere chiusi entro la fine del mese i punti con meno di 500 nascite annue, fra cui
quelli di Piedimonte Matese e Sessa Aurunca. Nei giorni scorsi il sindaco di Piedimonte, Civitillo, a capo di un dibattito a cui avevano preso parte numerosi primi cittadini dei paesi interessati, oltre ai presidenti della Comunità Montana del Matese, di Monte Maggiore e di Monte Santa Croce, aveva detto a chiare lettere: “Non possiamo restare in silenzio. Pretendiamo il ripristino del punto nascita per garantire sicurezza e dignità alle nostre mamme”. Anche il consigliere regionale, Zannini, presente all’incontro, si era dichiarato favorevole alla creazione di un tavolo permanente con la Regione, i sindaci e il Ministero della Salute, perché serve una soluzione che “tenga conto della legge, ma soprattutto delle persone”. La politica, una volta tanto, sembra che stia unendo le parti a proposito del mantenimento dei punti nascita di Piedimonte e Sessa Aurunca. Certo, non mancano le frecciate a destra e a manca a proposito di chi siano le responsabilità di una decisione che francamente non sta bene a nessuno. Se ne sta parlando e se ne parlerà ancora, sperando in sviluppi positivi perché quello che conta, al momento, e’ la sopravvivenza di strutture all’avanguardia che rischiano di scomparire perché nessuno osa fare piu’ figli. Sarebbe paradossale. C’è anche una interrogazione parlamentare dell’on Zinzi, rivolta a tale proposito al Ministro della Salute, in cui si ribadiscono le motivazioni errate per le quali i punti nascita che la Regione si appresta a chiudere vanno salvaguardati, in quanto “sono situati in territori caratterizzati da isolamento geografico, difficoltà nei collegamenti e carenza di strutture alternative. Elementi che rendono indispensabile la presenza di tali servizi per i cittadini e che giustificherebbero una loro apertura in deroga, come hanno evidenziato anche i sindaci dei territori coinvolti, affiancati da rappresentanti civici, comitati e associazioni locali”.
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