Lorenzo Applauso|Quando l’amore si trasforma in rabbia, ammesso che sia amore, avvengono episodi come quello che abbiamo riportato oggi, sempre piu’ frequenti. Quando va bene finisce con maltrattamenti e denuncia spessissimo con la morte. Bene, il numero sempre piu’ alto di vittime ci impone una riflessione . Abbiamo sentito lo psicologo, il dr Giuseppe Leggiero per capirne di piu’ e per comprendere cosa succede davvero nella mente di un soggetto che non accetta di essere lasciato.
- Dottore Leggiero cosa succede esattamente nella mente di un soggetto che reagisce in questo modo?
“Quando succedono fatti di cronaca di questo tipo e negli ultimi anni hanno sempre una risonanza maggiore, tutti hanno spiegazioni chiare e punizioni esemplari che a loro giudizio porrebbero fine in modo definitivo alla questione. Purtroppo non è così”.
- Quindi?
“Ogni qual volta nella vita degli individui entrano in gioco i sentimenti spesso si perde la ragione. Ci sono poche cose nella vita degli esseri viventi che hanno un potere disorganizzante uguale alla perdita di un “amore”, se cosi possiamo chiamarlo. In alcuni casi, purtroppo, questo dolore prende una piega oscura, e può arrivare a sfociare in comportamenti aggressivi, persecutori, persino violenti.
Dietro questi gesti c’è sempre un intreccio complesso di emozioni, ma anche di ferite più profonde. La psicoanalisi ci offre una chiave per comprenderli”.
- Essere lasciati è una forte delusione?
“Per alcune persone, essere lasciate non è solo una delusione sentimentale: è un colpo al proprio valore personale. Chi vive l’amore come una conferma del proprio valore fatica a tollerare il rifiuto. La psicoanalisi parla di “ferita narcisistica”: il dolore di sentirsi non più amati si intreccia al senso di essere stati umiliati, rifiutati come persone”.
- Una sorta di vendetta allora?
Certo, l’ex partner non è più visto come qualcuno da amare, ma come qualcuno da distruggere, per vendicare il proprio dolore. Quando la relazione finisce, la persona abbandonata può non sopportare l’idea che l’altro vada avanti, sia felice o – peggio – ami qualcun altro. Il sentimento d’amore allora si ribalta: l’altro diventa colpevole del nostro dolore”.
- Cambia il sentimento verso cio’ che prima amavamo dopo diventa vero odio?
“E’ cosi: si chiama “ambivalenza affettiva”: lo stesso oggetto che prima amavamo, ora è caricato di rabbia, rancore, perfino odio. E per chi non ha strumenti per elaborare questa frattura, l’unica risposta diventa l’azione impulsiva. Sempre per chi considera la struttura della mente secondo i principi della psicoanalisi la fine di una relazione spesso riattiva ferite più antiche, che hanno radici nell’infanzia”.
- C’è una ragione dunque, sia pure non razionale, ovviamente che, muove un sentimento irrazionale?
“Chi ha vissuto abbandoni, trascuratezza o rifiuti da bambino può rivivere, inconsciamente, lo stesso trauma nel momento in cui viene lasciato. E’ il ritorno in vita di dolori e “sofferenze affettive rimosse”: emozioni sepolte che riemergono con forza, senza che la persona ne sia del tutto consapevole. I Fantasmi esistono, anche i Mostri nella nostra mente”.
- Sono dei soggetti che si portano dentro rabbia?
“Una rabbia rimasta inespressa nel passato oggi trova un corpo forte ed una mente fragile per poter essere agita con violenza sull’oggetto d’amore malcapitato. Quel dolore antico viene proiettato sull’ex, spesso in modo distruttivo. Quando il dolore non trova parole ed ascolto, parla con i gesti anche feroci.
E un “acting out” (una recita): un agire ciò che non si riesce a dire. Un messaggio silenzioso ma pericoloso, che può assumere la forma di uno stalking, di un gesto violento, o di un’esplosione di rabbia improvvisa. Chi fa del male all’altro, in fondo, sta cercando disperatamente di dire: “Guarda quanto sto soffrendo” ma non conosce il modo non violento per farlo e questo non può portare a comprensione. La comprensione o la compassione non ha il costo di una vita.
Per alcuni, l’amore diventa una sorta di ancora di salvezza. L’altro e il suo sentimento d’amore diventa e viene vissuto come una protezione dal vuoto, dalla solitudine, dalla paura di non esistere senza qualcuno accanto.
Quando questo legame si rompe, la persona si sente persa, senza identità, senza direzione. Il dolore allora si trasforma in rabbia, e la rabbia in distruzione e in tutti i suoi giochi perversi che una fantasia malata sa costruire e mettere in scena.
Spetta a tutti conoscere queste dinamiche, capirle per prevenire il dramma finale ma mai per giustificare.
Parlare di ciò che accade nella mente di chi non accetta la fine di una storia non significa giustificare gesti violenti o comportamenti tossici ma comprendere questi meccanismi può aiutare a intercettare il disagio prima che degeneri”.
- Sotto l’ aspetto legislativo si puo’ fare di piu’?
“Oggi le disposizioni di legge previste in questi casi offrono ampi margini di garanzie di ritorno alla vivibilità della persona sopraffatta dall’amore malato dell’altro ma non sono l’unica cosa che serve”.
- Allora che altro fare?
Serve educazione emotiva, cultura psicologica, spazio per il dialogo. E, quando necessario, aiuto terapeutico. Perché dietro molte storie di “amore malato” si nasconde un dolore antico, profondo, mai curato. L’amore è una malattia ma se si guarisce da essa si sta peggio”.