Carissimi lettori,
si è soliti dividere la Parabola di oggi in due parti: la scena del ricco Epulone e del mendicante Lazzaro, prima e dopo la morte.
Con il rovesciamento dei ruoli.
Ma in realtà i nuclei del racconto sono tre, tesi a mettere in risalto i rischi gravissimi della schiavitù del denaro.
Primo nucleo: la ricchezza spegne la vita dei poveri.
Secondo nucleo: la ricchezza spegne la vita dei ricchi.
Terzo nucleo: la ricchezza spegne la fede dei ricchi.
Iniziamo col primo nucleo: la ricchezza spegne la vita dei poveri.
Nella Parabola un solo versetto viene dedicato alla figura del ricco.
“C’era un uomo ricco che vestiva di porpora e di lino finissimo e ogni giorno si dava a lauti banchetti”.
Colori sgargianti come la porpora e il bisso di un monarca orientale, chiuso nel suo mondo dorato, sfoggio di feste e tavole a dispetto della miseria del mondo.
Un uomo senza nome.
Due versetti invece vengono dedicati al povero Lazzaro.
“Giaceva alla sua porta , coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco, ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe”.
Stava alla sua porta, coperto di piaghe.
Un verbo per dire la drammatica sorte di tutti gli sventurati del mondo.
Accomunati agli animali della terra.
Alla sua porta, per non turbare la vista dei ricchi.
Con il desiderio di arrivare almeno alle briciole sotto la mensa.
Solo la compagnia dei cani, animali immondi e randagi.
Il povero accattone di briciole ha una sola dignità: il nome.
Ma il contrasto è crudo, i due mondi sono distinti, nessuno guarda l’altro.
La ricchezza scava il primo abisso della vita, quello tra ricchi e poveri.
Passiamo adesso al secondo nucleo, cioè al secondo rischio: la ricchezza spegne la vita dei ricchi.
Ci troviamo di fronte ad una grande frontiera, verso cui, tutti poveri e ricchi siamo in marcia e davanti alla quale tutti dobbiamo presentarci.
Si tratta della frontiera della vita.
E davanti a questa frontiera, cadono tutte le difese, cadono tutte le cariche, cadono tutti gli inganni e cadono tutte le frontiere economiche.
Lazzaro muore presumibilmente di stenti, come tutti i compagni di sventura di ieri e di oggi .
Magari ancora giovane.
Lazzaro finisce dritto in paradiso, portato dagli angeli , come sottolinea Gesù , con questa bella immagine.
Poi aggiunge, muore anche il ricco e viene sepolto.
Lazzaro non ha una tomba.
Quella del ricco Epulone, possiamo immaginarla con statue d’autore e con l’epigrafe che tesse l’elogio del defunto:” Impareggiabile, indimenticabile e universalmente rimpianto”.
Ma lo scenario cambia. “Stando tra i tormenti , leva gli occhi al cielo e vede da lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui”.
Siamo arrivati al terzo nucleo della Parabola cioè al terzo rischio: “la ricchezza spegne la fede dei ricchi”.
Qui si intrecciano storia ed eternità.
È la scena dei cinque fratelli, di cui il ricco si preoccupa, infatti rivolgendosi ad Abramo dice:” Padre manda Lazzaro a casa mia, ad ammonire i miei cinque fratelli , perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”.
Ma le parole di Abramo sono lapidarie.
Per una vera conversione non servono le magie e le apparizioni, ma solo una decisione pronta e personale nei confronti della Parola di Dio, espressa attraverso Mosè e i Profeti, espressa cioè attraverso la Bibbia.
Nei confronti della ricchezza e del denaro, occorre cambiare mentalità e occorre convertirci.
Pensiamo alla moltitudine di esseri umani, senza pane, senza tetto e senza fissa dimora.
E riconosciamo in essi, Lazzaro, il mendicante affamato della Parabola.
Pensiamo al nostro impegno per i poveri e pensiamo che il Vangelo della Carità è la misura del nostro essere Chiesa.
L’ amore preferenziale per i poveri è la dimensione della fedeltà a Cristo e alla sua Parola che ci convoca.
Buona e Santa Domenica!
Don Antonio
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RUBRICHE – IL RICCO EPULONE E IL MENDICANTE LAZZARO
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